Titolo: IL PERCHE' ....Seconda parte

IL PERCHÉ DEL SUCCESSO DELLO SVILUPPO DELLA CITTÀ DI NOTO E IL FALLIMENTO DI PALAZZOLO ACREIDE? DUE REALTÀ AL CONFRONTO Seconda parte Palazzolo Acreide dopo l'iscrizione a patrimonio UNESCO nel 2002. Al centro dell’area montana degli Iblei, Palazzolo ha sempre costituito il punto di confluenza dei comuni e in qualche modo ha manifestato la leadership politica della zona. Guida però che non ha saputo cogliere l’essenza delle necessità e di indicare la strada verso uno sviluppo che assicurasse il futuro degli abitanti del comprensorio. Un fallimento storico di cui si stanno pagando ancora le conseguenze. Di fatto l’unità dell’area montana si è frantumata e ognuno va per conto proprio. Esclusa l’università l’offerta scolastica è pressoché completa. Gli impianti sportivi vanno oltre ogni aspettativa e fanno invidia alle medie città del nostro Paese, registrando successi importanti ad esempio nel nuoto e nel Kick Boxing. Case famiglia, case per anziani, palestre private, erboristerie, pasticcerie di livello internazionale e oltre 30 ristoranti e 7 macellerie fanno da cornice ad un territorio che ha una storia lunga 2664 anni ed è attraversata da tutti i periodi storici che vanno dai greci, ai romani, agli arabi, ai normanni. Si potrebbe dire: altro che Noto e il resto delle città inserite nel patrimonio Unesco per il barocco! Teatro greco, castello medievale, il barocco con chiese spettacolari, 5 musei con uno, il Museo Uccello, che possiede la più grande collezione di pitture su vetro del mondo, dopo c’è il museo di Copenaghen. E poi la valle dell’Anapo con le sue emergenze naturali, il fiume, la necropoli di Pantalica, la più grande del mondo e l’attività agricola zootecnica e l’enogastronomia con chef stellati, campioni mondiali di pizza, ristoranti e agriturismi che presentano i piatti tipici ma anche nuove interpretazioni di ricette che dal passato si proiettano al futuro. La riscoperta del tartufo nero e il presidio Slow Food della salsiccia tradizionale di Palazzolo Acreide potrebbero fare da apripista di un territorio che, collocato a 700 metri sul mare, garantisce un clima praticamente perfetto, soprattutto in estate. Tutto l’anno, infine, è attraversato da feste religiose, dal carnevale (il più antico di Sicilia), da manifestazioni quali Il teatro classico dei giovani, organizzato dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico e giunto ormai alla sua 25^ edizione e assicura ogni anno per circa un mese, la presenza di centinaia di studenti provenienti da ogni parte del mondo e un pubblico però che non arriva neanche a diecimila presenze; dall’Agrimontana e da innumerevoli manifestazioni culturali, musicali e teatrali. La cittadina fa inoltre parte del circuito dei borghi più belli d'Italia. E’ il caso di ricordare infine i Laboratori di teatro con Lucia Sardo e Marcello Cappelli. Così si sono sviluppati numerosi B&B, un ostello della gioventù, oltre a tre alberghi. Tutto sembra dirci che si è pronti ad ospitare ed essere protagonisti dello sviluppo non solo di Palazzolo e, per trascinamento, di tutta l’aera montana. Nella rete, se si cerca la voce “Palazzolo Acreide” si trovano appena 1.370.000 risultati. Eppure non solo non si ha la percezione che lo sviluppo si stia affacciando sulla comunità, assicurando quella svolta nell'economia che possa garantire il futuro ai suoi abitanti ma c’è un sentire comune di disarmo generale anche se si registrano episodi di “resistenza” e volontà del fare, troppo spesso ignorato se non addirittura boicottato. Questo ci fa ricordare quanto Tomasi di Lampedusa faceva dire a don Fabrizio, principe di Salina: “In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di ‘fare’” che si affianca all'altro motto più diffuso a Palazzolo: “Non me la sento”. In questa direzione di comportamento sociale e individuale appaiono inutili gli sforzi di quei palazzolesi che vissuti fuori magari anche su sollecitazione del maestro Guttuso “chi vuol nuotare vada per ampi mari” cercano, essendo ritornati, di adoperarsi per cambiare e/o migliorare le cose, guardando con altri occhi il proprio paese. Appare tutto come uno sforzo immane quanto inutile. Vale la pena ricordare che dal 1921, quando Palazzolo faceva 18.000 abitanti, la città è passata a 9.084 nel 2001 e a 8.665 nel 2018. Persa metà della popolazione in meno di 100 anni, mentre negli ultimi 18, ovvero dall'ingresso di Palazzolo nel patrimonio UNESCO, il decremento è stato del 4,6%. Un processo che sembra inarrestabile e ovunque si giri per il paese si leggono cartelli di messa in vendita di appartamenti. Una comunità in vendita? Pare di sì! Forse non si tratta di stabilire se Palazzolo è una società chiusa o aperta, anche se non esistono diversità intrecciate, ma sicuramente di capire perché quello che è riuscito a Noto non è successo a Palazzolo. A nostro giudizio le cause dell’insuccesso sono riconducibili a un preciso fenomeno: Nessun riconoscimento tra la popolazione e la sua storia. Non esiste alcuna identità tra la popolazione e la sua storia che viene di fatto rifiutata e violentata e non la si identifica come la risorsa strategica e fondamentale per lo sviluppo e il progresso locali. Ne sono a riprova le centinaia di sfregi al patrimonio, alle progettazioni delle abitazioni, alle ristrutturazioni, ai rifacimenti e all'uso dei materiali. Si è arrivati a utilizzare l’alluminio anodizzato anche nei pressi dell’Annunziata e della Chiesa Madre, per non parlare del centro storico che, fino a poche settimane fa, nonostante il Piano Particolareggiato del Centro Storico, è stato oggetto di sfregio del decoro urbano e della sua storia. In altre parole si sta segando il ramo dove si è seduti. Da qui anche l’indifferenza se non l’ostilità alla istituzione del Parco Nazionale degli Iblei. Per i palazzolesi sembra che non abbia alcuna importanza che nella Valle dell’Anapo esista la più alta biodiversità vegetale del pianeta: 85 piante per mq e con oltre 1000 piante officinali! La domanda da porci allora è: quanto vale questo patrimonio per i nativi? E ancora il Principe di Salina a dare la risposta: “Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il ‘la’”. Parafrasando don Fabrizio, si può dire che i ‘palazzolesi’ “non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria; ogni intromissione di estranei sia per origine sia anche, se si tratti di ‘palazzolesi’, per indipendenza di spirito, sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di turbare la loro compiaciuta attesa del nulla; calpestati da una diecina di popoli differenti essi credono di avere un passato imperiale che da loro diritto a funerali sontuosi.” (…) “La ragione della diversità deve trovarsi in quel senso di superiorità che barbaglia in ogni occhio ‘palazzolese’, che noi stessi chiamiamo fierezza, che in realtà è cecità.” In questa direzione la cosiddetta classe dirigente (politici, imprenditori) e stakeholder sono in perfetta armonia con questo sentire locale, e non potrebbe essere altrimenti! Per cui la scelta cade sempre non nelle persone che incarnano il cambiamento ma in quelle che, alla fine, si muovono sul filo della continuità di un crollo senza fine. Conclusioni Sarà come sostengono in molti che i cittadini di Noto hanno avuto nella comunità Lgbt e negli stranieri trasferitesi l’enzima, ovvero l’acceleratore, che ha velocizzato i processi di sviluppo di quel territorio e di quelli circostanti (penso ad Avola). Eppur vero che la risposta dei cittadini di Palazzolo all'inondazione di denari pubblici cui è soggetta la Sicilia ha risposto negativamente ad esempio alla creazione di un parco-giochi in cui veniva ricostruita Akrai; a un museo delle macchine dell’antica Grecia; a un museo della dieta mediterranea e dei fitofarmaci; a una stalla sociale; alla gestione del macello provinciale; solo per citarne alcuni. Mi sovvengono allora due episodi, uno di circa quarant'anni fa e l’altro di soli tre giorni. Un noto costruttore palazzolese, senza tanto giri di parole un giorno mi disse: “Giuseppe ma che c…. ce ne dobbiamo fare del Teatro greco, perché non ci costruiamo un bel condominio?”. A seguito dello sfregio realizzato da privati nel balcone che si trova tra via Vittorio Emanuele III e via Fontana Grande, ho chiesto l’aiuto per intervenire a difesa del nostro patrimonio all’Archeoclub di Palazzolo il cui sodalizio all’art. 2 dello statuto nazionale prevede la tutela e la valorizzazione dei beni culturali…. Ecco la risposta: “Gentile Messina, La ringraziamo per la segnalazione. Tuttavia ci preme chiarire che la nostra è un’associazione di volontari, che da qualche anno lavora, a testa bassa, per valorizzare le bellezze del territorio, e che niente ha a che fare con le amministrazioni comunali o funzionari di sorta. La nostra è un’associazione libera, indipendente, con carattere nazionale e svariate sedi in tutta Italia. Faremo certamente presente la questione agli amministratori di turno e a personalità più appropriate ad agire, anche se siamo certi che neanche a lei mancherà modo di raggiungerli. Il tutto, possibilmente, cercando di mantenere sempre un linguaggio educato e garbato. Buona giornata. Dott.ssa Concetta Caruso. Rifletta e si confronti la locale classe politica e imprenditoriale poiché la risposta al futuro di Palazzolo, secondo i suoi abitanti sta in quella del costruttore di quarant'anni fa e per averne la conferma basti farsi un giro per la “nuova” Palazzolo per capire chi siamo e dove vogliamo andare.