Titolo: ANCORA SU FUTURO E PENSIONI

IL FUTURO DOVE STA? PENSIONI E ORGANIZZAZIONE DEL PAESE VERSO IL FUTURO. E' TUTTO SBAGLIATO! La prima domanda da porci è: cosa sta accadendo da rendere inutile o addirittura dannose le scelte governative in materia pensionistica? In altri termini se la tecnologia ci libererà del tutto o in larga parte dalla fatica della quotidianità del lavoro favorendo il tempo libero, la creatività, le relazioni, come dovrebbe essere pensato il cosiddetto welfare? Facciamo qualche passo indietro Nella mitologia classica, il deforme dio del metallo Efesto (o Vulcano) creò dei servi meccanici, che andavano dalle intelligenti damigelle dorate ai più utilitaristici tavoli a tre gambe che potevano spostarsi di loro volontà. Questo circa 2500 anni fa. Primo esempio. Il Giappone è la nazione che ha il più basso tasso di natalità e una riluttanza “culturale” ad accogliere mano d’opera straniera. Il Paese ha affidato ai robot il loro futuro, producendosi gli operai di cui ha bisogno attraverso i robot. E’ fantascienza o mito? E’ già realtà. Si è già avviata la produzione industriale al modico prezzo di 1500 euro di robot per l’assistenza agli anziani. “Amazon ha assunto 10.000 robot con la funzione di magazzinieri…la Foxconn, colosso cinese, ne ha “assunti” 12.000 e si appresta, in collaborazione con Google, ad impiegarne un milione!”. I robot infermieri sono già diffusi in Giappone con alto gradimento dei pazienti e non passeranno molti anni che l’intero pianeta sarà invaso da queste tecnologie. Secondo esempio. Cina, California, Olanda. Con delle stampanti 3D per l’edilizia un’azienda cinese, ad esempio, ha costruito in 24 ore con materiale di scarto ben 10 abitazioni ad un piano. Stesso discorso in numerosi altri paesi, ho citato la California, Amsterdam in Olanda ma le esperienze fattuali nel campo delle stampanti 3D per l’edilizia sono innumerevoli e i palazzi costruiti già raggiungono i cinque piani. Gli osservatori più attenti ci dicono che la tecnica delle stampanti 3D rappresenta il futuro perché abbatte i tempi di costruzione, riduce i costi a cominciare da quelli del lavoro e ha un minore impatto ambientale potendo utilizzare pienamente prodotti riciclabili. Proviamo adesso ad immaginare con gli occhi della mente cosa potrebbe essere il nostro Paese da qui a 15-20 anni. Sarà difficile ipotizzare popolazioni felici di non lavorare e preoccuparsi di poetare, cantare, ecc. in mancanza di un reddito certo che, con questa organizzazione sociale, solo un lavoro potrebbe assicurare. Il Pew Research Center di Washinton ha chiesto a quasi duemila esperti, analisti e costruttori di prodotti tecnologici la loro opinione sul futuro del pianeta a proposito delle nuove tecnologie e dei robot in particolare. “I risultati, resi noti in questi giorni, concordano su tre punti. Primo: i robot e l’intelligenza artificiale permeeranno ogni aspetto della nostra vita già nel 2025. La loro diffusione, in particolare, si farà sentire sul settore della salute, dei trasporti, della logistica, dei servizi ai consumatori e della manutenzione della casa. Secondo: la formazione scolastica e universitaria contemporanea non sono in grado di preparare adeguatamente le persone per le sfide del prossimo decennio e sarebbe bene cominciare a fare qualcosa in proposito. Terzo: i cambiamenti all’orizzonte saranno un’occasione per rivalutare alcune competenze, ma anche per ripensare il nostro concetto di lavoro”. Alla luce di quanto sopra, questo governo, quello di prima e quelli di prima ancora continuano a guardare il dito anziché la luna e così appare del tutto evidente che con ogni probabilità mio figlio (34 anni precario) non avrà una pensione e suo figlio, ossia mio nipote se verrà, non lavorerà mai e tanto meno, con questo sistema, già programmato per oltre il 2020, avrà diritto ad una pensione. In conclusione converrebbe organizzarsi e pensare da subito che sarebbe meglio lavorare tutti ma lavorare meno nell’attesa, non troppo lunga, che nessuno o quasi lavorerà. Allora si porrà (e si pone già oggi) un problema: chi dovrà controllare le fonti che genereranno i beni? E’ pensabile accettare l’idea (oggi vincente) che le principali ricchezze del pianeta stiano in mano a pochissime persone o famiglie e non ipotizzare invece che il problema della distribuzione equa delle risorse costituisca il problema dei problemi per il futuro insieme al cambiamento climatico e alla conservazione della biodiversità? E quale ente dovrebbe avere in mano questi beni primari per non farci fare la fine dei topi in una scatola? Tale ragionamento è rafforzato da uno studio delle Nazioni Unite (dati del 2000) nel quale dice che l’1 per cento degli adulti ricchi possiede il 40 per cento dei beni del mondo, mentre le tre persone più ricche detengono più beni finanziari delle 48 nazioni più povere. A questo si aggiunge, come dimostrato da numerosi studi accreditati e universalmente accettati, che la possibilità di passare da una classe all’altra si è ridotta quasi ovunque: “là dove la disuguaglianza sociale aumenta, come sta accadendo negli ultimi anni, la mobilità sociale tende a diminuire” come prova il prof. Fabrizio Bernardi sociologo allo European University Institute di Fiesole.