Titolo: CASERTA: L’HOUSING SOCIALE DE NOANTRI

CASERTA: L’HOUSING SOCIALE DE NOANTRI A Caserta è esploso l’housing sociale. Il sindaco, quasi come un cardinale che annuncia l’elezione del nuovo papa si spertica nell’affermare che “lo spirito dell’housing sociale è l’aiuto a giovani coppie e famiglie indigenti”. Forse però è il caso di ricordare, innanzitutto, che cos’è l’housing sociale. Per “housing sociale” s’intende l’insieme di alloggi e servizi, di azioni e strumenti rivolti a coloro che non riescono a soddisfare sul mercato il proprio bisogno abitativo, per ragioni economiche o per l’assenza di un’offerta adeguata. La finalità dell’housing sociale è di migliorare la condizione di queste persone, favorendo la formazione di un contesto abitativo e sociale dignitoso all’interno del quale sia possibile, non solo accedere ad un alloggio adeguato, ma anche a relazioni umane ricche e significative. Data l’assenza di sovvenzioni pubbliche, l'housing sociale si focalizza su quella fascia di cittadini che sono disagiati perché impossibilitati a sostenere un affitto di mercato, ma che non lo sono al punto tale da poter accedere all’Edilizia Residenziale Pubblica (ERP). L'“housing sociale” rappresenta, quindi, una politica per l'incremento del patrimonio in affitto a prezzi calmierati o controllati. Gli alloggi realizzati mediante tale programma possono essere assegnati in locazione a specifiche categorie quali: a) nuclei familiari a basso reddito, anche monoparentali o monoreddito; b) giovani coppie a basso reddito; c) anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate; d) studenti fuori sede; e) soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio; f) altri soggetti in possesso dei requisiti di cui all’art. 1 della legge 8 febbraio 2007, n. 9; g) immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione. Le suddette categorie sociali devono inoltre avere i requisiti soggettivi stabiliti dalle norme statali e regionali per l’accesso all’edilizia residenziale agevolata, ivi compresi i limiti di reddito stabiliti dalla Regione. La Regione Campania già da oltre due anni ha effettuato i primi bandi che, per Caserta ha definito la seguente situazione: 670 appartamenti da realizzare fra Puccianiello e Casola (società vincitrici: Asspi Casa, Teknè Costruzioni Srl, Abitare Caserta srl, rispettivamente facenti capo a Pezone Costruzioni e Tedesco, D’Angelo Luigi, Sacco Romolo). Il Comune di Caserta, successivamente, si è fatto il “suo” housing sociale (così lo chiamano a 1800 euro/mq!) in via Borsellino per altri 314 appartamenti; attenzione però, solo il 30% di questi saranno effettivamente destinati all’edilizia sociale. L’impresa Penzi è quella interessata e che sembra abbia coinvolto nell’impresa altri soggetti per la trasformazione di un’area peraltro precedentemente destinata a centro direzionale! In questo autentico caos il Comune si sarebbe impegnato addirittura a comprare ben 16 appartamenti per 4 milioni di euro oltre a non far pagare alla ditta costruttrice le opere di urbanizzazione. Un autentico affare. Ma per chi? Il suolo interessato da questo primo intervento interessa circa 120.000 mq ossia 12 ettari di suolo agricolo. Ben 24 campi di calcio!Caserta ha bisogno di tutto ciò. A chi giova? In un’amministrazione normale, trasparente e democratica il sindaco avrebbe portato in Consiglio Comunale questo autentico terremoto urbanistico e sottoposto al vaglio, alla considerazione, alla convenienza di un programma costruttivo che: bloccherà ulteriormente l’asfittico mercato immobiliare di Caserta; limiterà ulteriormente un mercato che già vede oggi più di 4500 immobili disponibili; eliminerà il residuo suolo agricolo. E le licenze prossime venture di Luserta e quelle di Moccia? Cosa si vuole fare di Caserta? Vi ricordate la piccola città costruita da Sarpi a Santa Lucia? E il ristorante La Bufala? Cosa manca all’appello? Solo il Macrico. Sia pure a marce forzate si arriverà anche a quello. In un’amministrazione normale si sarebbero valutate almeno le richieste che sono state presentate già da tempo e che hanno passato pure il vaglio della Provincia. In un’amministrazione normale il cui sindaco già nel 2011 aveva sottoscritto la Carta di Matera impegnandosi con quell’atto a proteggere il residuo suolo agricolo dall’aggressione del cemento, in un territorio in cui il 98% circa del cibo di cui si nutre la popolazione di Caserta viene importato. Quelle aree dovevano essere protette, vincolando tale suolo alla sua naturale destinazione. Solo parole e annunci al vento.Tutto fa pensare agli anni ’80 alle migliaia di licenze edilizia rilasciate in una sola notte che precedeva il Consiglio comunale per approvare un PRG già sconvolto e in cui nei primi anni 90 Pietro Farina, assessore nella giunta Gasparin e “rettore emerito” dell’”Università turistica di Caserta” dipingeva il costruendo disastro del Parco Cerasola come il quartiere migliore di Posillipo a Napoli e dove con gli atti d’obbligo (almeno 52 rimasti tutti sulla carta e di cui non vi è tracci al Comune) Caserta veniva rappresentata come una piccola Copenaghen con i suoi campi da tennis, piscine, spazi per gli anziani, parchi gioco per bambini, aree a verde e via mentendo e rubando. Ci sono rimasti una città invivibile, un disastro urbanistico che è un’offesa alla storia, alla cultura e al futuro e un assessore all'urbanistica sotto processo per abusi edilizi. 22 maggio 2013