Titolo: MARCIANISE E LE AMMINISTRATIVE 2013: COSA C’E’ SOTTO IL SOLE?

MARCIANISE E LE AMMINISTRATIVE 2013: COSA C’E’ SOTTO IL SOLE? Famiglia Abbate (sin dagli anni 70 dalla DC al PCI e poi PD), Fecondo (dal 94), Fam. Giuliani (da sempre), Sgueglia (almeno dal 1978), Tartaglione (dal 2001), Trombetta (dai fini anni 90), Fam. Viciglione (da sempre), Zarrillo (dai fini anni 80), Zinzi (da sempre) e poi la Chiesa (da sempre): ecco in nomi “nuovi” che circolano in queste settimane a Marcianise e che si propongono, ancora una volta per amministrare la città. Le stesse persone che da sempre, si può dire, hanno governato direttamente o indirettamente la comunità e si propongono - anche per le amministrative 2013 - per gestire/controllare la città di Marcianise. Vecchi sindaci che si ripropongono come le vergini delle Rocce: Zarrillo sindaco dal 93-97; G. Foglia 97-2001; F. Fecondo 2001-2008; A. Tartaglione 2009-2012. Parliamo quindi, di uomini e non di partiti in quanto la centralità dell’attenzione politica non è stata il Partito nella su eccezione costituzionale (almeno da dopo tangentopoli in poi) e filosofica-politica del termine, ma le persone e/o i clan e/o le famiglie o gruppi di potere che ad ogni stagione hanno vestito i panni, ora di quel partito ora di quell’altro pur di essere sulla scena e comunque protagonisti del destino della città e del controllo del territorio e dell’economia. Basti pensare al “progetto” della sinistra nel 93 miseramente fallito e nella cui amministrazione l’assessore all’urbanistica, il socialista Filippo Fecondo, riuscì a spostare l’attenzione e il destino stesso della città con l’interporto e con tutte le intraprese ad esso collegato imponendo una nuova visione del territorio in cui tutte le componenti del potere locale trovarono un dinamico equilibrio: Marcianise da economia agricola e poi industriale a città di servizi. Il graduale ma inevitabile declino della capitale economica di Terra di Lavoro è il frutto di una gestione della cosa pubblica che ha mortificato e depauperato le sue risorse, compromesso la sua immagine e le sue potenzialità economiche. L’agricoltura a Marcianise più che una risorsa sembra essere diventata un problema di ordine pubblico a causa del diffuso inquinamento delle matrici ambientali mentre il progetto di Filippo Fecondo, l’unico amministratore che ha dimostrato di avere una visione e una mission per Marcianise in questi ultimi venti anni sembra inesorabilmente fallito. Dall’Interporto, al Centro Campania, all’Outlet, dal Polo della Qualità, all’Oro Mare, ecc. pare di assistere un annunciato crepuscolo del territorio e l’esplosione di un conflitto di identità che tale progetto sperava invece di superare ma che, invece, è fallito nella sua sostanza. Marcianise, nel bene e nel male, evidenzia una forte identità e una storia ben precisa che è rimasta quasi incontaminata in tuti questi decenni e che fa oscillare la città fra i fremiti di un modernismo consumistico, quale unico valore e la sua storia fatta, invece, di tradizione contadina e un economia agricola-zootecnica con intellettuali di vaglia e di gente normale che tiene alla propria casa come alla propria città. La mala politica, le faide, le contrapposizioni personali (Zinzi-Sgueglia) che hanno avuto come sconfitta la sola Marcianise, le famiglie, e poi la camorra, pervasiva e trasversale, pur di conservare, mantenere e alimentare il prestigio e il potere, ha tentato di distruggere quanto di buono e interessante ha Marcianise nel suo tessuto economico, sociale e culturale. Oggi rimangono sul tappeto problemi enormi che vanno dall’abusivismo edilizio (oltre 140 abitazioni da abbattere in tutto o in parte); alla bonifica del territorio; alla riconversione industriale (verso l’immateriale e l’agroindustria – si consideri anche ad un incubatoio industriale -); dalla necessità e urgenza di bloccare l’espansione edilizia e di riqualificare la città per accrescerne la vivibilità (dall’energia, al verde pubblico, ai servizi per gli anziani e i giovani). A queste problematiche si vuole evidenziare anche la drammaticità in cui è stata ridotta la macchina amministrativa: i dipendenti comunali da 350 a poco più di 160 dipendenti (appena dieci assunti negli ultimi 25 anni!) e con uno sfarinamento dei dirigenti sia nella qualità che nella quantità. Questo costituisce una vera e propria emergenza, se non la prima, per ben amministrare e che potrà fare la differenza nella gestione e nel successo di questa o quella maggioranza. Abbiamo visto, sia pure per grandi linee, come si rappresenta la realtà politica di Marcianise per questa tornata elettorale. Appare evidente che tutte quelle persone rappresentate nell’UDC della famiglia Zinzi, nella coalizione del PD (SEL+ liste civiche), al raggruppamento di Sgueglia, ai tentennamenti del PSI di Filippo Fecondo e di Riccio (che non hanno ancora deciso che casacca vestire o alleanza aderire), al PDL dei Ferraro, Trombetta, Tartaglione, De Angelis, ecc. Poi ci sono quelli che vogliono candidarsi e un partito va bene come un altro. Tutti questi “personaggi” non rappresentano per niente né il nuovo né una prospettiva per la città perché hanno già dato e hanno anche fallito, pur essendo, la stragrande maggioranza di loro, professionisti della politica e maestri del consenso senza fatti e senza dissenso. Le dispute Zinzi/Sgueglia (famosa quella sulla base americana che si doveva allocare a Marcianise) non interessano più a nessuno se non a questi dinosauri della politica locale. Occorre capire, a questo punto delle cose, se deve prevalere l’interesse pubblico o la logica di parte che ha, come abbiamo visto, caratterizzato la politica a Marcianise come in gran parte del Mezzogiorno e del Paese. Il futuro sta da un’altra parte. In questa città operano ormai da anni gruppi organizzati e associazioni che in vari settori della vita culturale, economia e sociale hanno dimostrato nei fatti di essere più avanti e più sensibili dei loro amministratori e dei dirigenti del Comune che hanno in mano la gestione dell’ente. Anche a Marcianise è nato un vasto raggruppamento che fa capo al M5S con un personaggio assai impegnato, Pietro Ciliento (ex PCI, ex PDS ed ex amministratore di Oromare) e con un “ideologo” pare riconosciuto come tale, Lorenzo Piccolo (60 anni dipendente della Seconda Università di Napoli). Hanno aperto un confronto in città, elaborato già una bozza del programma amministrativo e il Codice di comportamento per i candidati, ecc. La città oggi sta a un bivio: perpetrare il passato e stare certi della continuità senza frutti o rischiare (ma cosa abbiamo da perdere?) e guardare avanti verso il nuovo e verso quanti, con occhi nuovi e antichi al tempo stesso, si stanno battendo per conservare l’identità e l’economia di una comunità in un’ottica di modernità e di sicura occupazione. Di tanto sia il M5S sia la cosiddetta Società Civile si dovrebbe far carico e dimostrare, prima nel programma e poi nei fatti (non basta solamente l’onestà, questa è una precondizione per avere accesso nelle istituzioni) di essere degni di calpestare il sacro suolo delle Istituzioni. Occorre, quindi, un vero programma amministrativo e non semplici dichiarazioni di principio, che possa diventare atto amministrativo e che non sia il solito rigurgito di parole e d’impegni già archiviati e dimenticati cinque secondi dopo essere stato eletto. E’ necessario, infine, riuscire a creare attorno alla proposta politica e amministrativa, un vero e proprio blocco sociale che riesca a riconoscersi nel progetto di città e che le proposte avanzate sono convenienti non solo per la forza che le propone ma per quel blocco da costruire se non a tutta la città.