Titolo: Patria potestà ai mafiosi?

Prevenzione e repressione hanno costituito per decenni le principali armi per combattere le mafie nel nostro Paese e i risultati raggiunti soni stati limitati e deboli. La svolta avvenne dopo la morte di Pio La Torre, dirigente del partito comunista in Sicilia. La Torre fu ucciso dalla mafia il 30 aprile del 1982 perché in un disegno di legge che aveva presentato si riconosceva la mafia come associazione criminale e si introducevano i provvedimenti di sequestro e di confisca dei beni. Solo con il sacrificio di Falcone e Borsellino, però, si affermò quello che i due giudici sostennero al prezzo della loro vita: occorreva andare a colpire gli interessi economici e le ricchezze che i mafiosi hanno accumulato con i loro traffici illegali. Non vi è dubbio che i risultati sono evidenti a tutti così com’è chiaro che la strada da percorrere per sconfiggere le mafie definitivamente è ancora lunga e la presenza pervasiva nel mercato finanziario e, in generale, nell’economia ne è una prova tangibile. Non basta colpire i mafiosi negli interessi economici. Occorre troncare loro il futuro. E’ necessario e urgente introdurre una norma che ai mafiosi, una volta riconosciuti come tali, la patria potestà. La questione delle mafie è prima di tutto un fatto culturale. I legami, l’appoggio e l’adesione collusivi di gruppi sociali o di intere comunità alle mafie fanno la differenza con i delinquenti comuni. La comunità di Casapesenna non è innocente sulla latitanza di Zagaria! Lo Stato si è preoccupato nel tempo, attraverso il confino prima e le carceri a Novara, Torino, ecc. poi, di allontanare i mafiosi dal loro ambiente. Non solo non ha funzionato ma è servito, soprattutto con il confino, a radicare le mafie in altri territori del Paese. A che serve poi il 41bis se i figli dei mafiosi possono andare dal padre o dalla madre per visite che non sono altro che un inquinamento di coscienze e pura trasmissione di disvalori che pongono le basi della continuità? Ai tossicodipendenti giustamente la legge toglie la patria potestà. Ma quali valori educativi può trasmettere ai suoi figli un mafioso? Riina, Zagaria, Rosmini, Setola, Schiavone, Bellocco, Cutolo, Provenzano, D’Agostino, ecc. non hanno nulla da trasmettere ai loro figli. Se sono piccoli vanno, quindi, allontanati e affidati. Se sono grandi, occorre porre le condizioni di un distacco definitivo. Ai mafiosi interessano i soldi e i figli, entrambi garanzia del loro futuro. Occorre che la buona politica capisca che bisogna fare un altro passo decisivo per eliminare il cancro delle mafie dalla faccia della Terra.