Titolo: Prof. Monti e l'ambiente? Ecco le proposte di Legambiente

Legambiente propone la sua contro-manovra: 21,5 miliardi di euro L'associazione: «Reperibili guardando all'ambiente e tagliando sprechi» [ 5 dicembre 2011 ] Luca Aterini Il ribattezzato decreto salva-Italia sarà presentato al Parlamento oggi pomeriggio, e l'attenzione mediatica, ovviamente, rimane primariamente concentrata sull'evento. Al contempo, ampi strati della società civile, nonché delle parti sociali, si dichiarano ampiamente insoddisfatti delle premesse (ormai molto concrete), poiché dell'invocata equità le tracce sono al momento scarse. Trenta miliardi di lacrime e sangue, con un aggiornamento degli ammortizzatori sociali ed un piano di crescita ancora in larga parte al di là da venire. C'è chi però pone sul piatto della bilancia proposte concrete per indirizzare una diversa via sulla quale potare le risorse definite come assolutamente necessarie, tanto che «senza questo pacchetto l'Italia crolla, va in una situazione simile a quello della Grecia, paese per il quale abbiamo grande simpatia ma che non vogliamo imitare», Mario Monti docet. Nel caso specifico, all'interno del IX Congresso nazionale di Legambiente, appena conclusosi, l'associazione ambientalista propone una contro-manovra da circa 20 miliardi di euro - ‹‹reperibili guardando all'ambiente e tagliando sprechi›› - presentandone le linee generali in un comunicato, che qui riportiamo. Quasi 7 miliardi da auto, cave, acque minerali, discariche, rendite finanziarie e accise su carburanti per coprire tagli al trasporto locale. Oltre 14 miliardi eliminando costi di infrastrutture inutili, emergenza, ritardi su Kyoto, spese militari, agevolazioni all'autotrasporto e combattendo illegalità e evasione. Quasi 21,5 miliardi di euro. E' la cifra che l'Italia potrebbe recuperare attuando una conversione ecologica di alcuni settori, incentivando la sostenibilità ambientale e disincentivando le pratiche più inquinanti. Risorse reperibili velocemente, da utilizzare in parte per la diminuzione del debito e in parte per investimenti ad alto tasso di occupazione. La formula è studiata da Legambiente che lancia la proposta per uscire dalla crisi dal palco del suo IX Congresso nazionale, che si tiene a Bari fino al 4 dicembre. Come prima serie di misure l'associazione suggerisce l'introduzione di strumenti patrimoniali e tariffari in settori dove la conversione ecologica porterebbe molti vantaggi, non solo sul piano economico ma anche su quello ambientale. E' il caso della mobilità privata che potrebbe essere, in parte, disincentivata con una patrimoniale sulle auto di grande cilindrata prevedendo due interventi: un'imposta (una tantum) sulle auto di grossa cilindrata e una revisione del meccanismo di calcolo del bollo auto. Legambiente parte da due dati: nel solo 2010, un anno di crisi, sono state immatricolate 119mila autovetture di cilindrata superiore ai 2.000 cc (e di costo non inferiore ai 40mila euro). Il parco auto immatricolato tra il 2006 e il 2010 è composto da 11,4 milioni di autoveicoli, dei quali l'8% di cilindrata superiore a 2000 cc. Con un'imposta (una tantum) sulle auto di grossa cilindrata immatricolate nel periodo 2006-2012, si potrebbero ricavare subito 1.992 milioni di euro. Il meccanismo prevede l'introduzione di un'addizionale progressiva (da 0,75€/cc a 3€/cc) in funzione della cilindrata escludendo i veicoli a trazione elettrica, a gpl e a metano e quelli speciali per disabili. Altra misura da adottare sarebbe poi una revisione del criterio di pagamento del ‘bollo' auto. Attualmente, infatti, è una tassa di possesso che si paga indipendentemente dall'utilizzo del mezzo. Legambiente propone di calcolarla in funzione delle emissioni di CO2 (incrociando potenza e uso del mezzo), aumentando contestualmente il costo del carburante di 16 eurocent al litro per mantenere inalterato il gettito del bollo e aggiungendo una carbon tax progressiva per auto che emettono oltre 100 gCO2. In questo modo a pagare di più sarebbero gli automobilisti che effettuano più chilometri, possiedono vetture che consumano più carburante e emettono più CO2, senza penalizzare le fasce sociali più deboli. La proposta di revisione può portare nelle casse dello Stato non meno di 500 milioni di euro ogni anno, oltre che incentivare l'acquisto di auto meno inquinanti e il minore uso dell'auto privata. Vantaggi economici e ambientali potrebbero venire anche dalla modifica del sistema con cui si prelevano e si pagano allo Stato le risorse naturali. Materiali edili dalle cave e prelievi idrici di acque minerali sono, infatti, pagati alle Regioni cifre irrisorie rispetto agli enormi guadagni realizzati da chi cava per fare calcestruzzo e cemento o da chi imbottiglia le acque. Basti pensare che oggi gli 89.233.573 di m3di sabbia e ghiaia estratte in Italia portano annualmente nelle casse delle Regioni la cifra di € 36.149.550 (poco più di 40 eurocent a m3) mentre, introducendo canoni di concessione al 20% dei prezzi di vendita dei materiali cavati, pari a 3 euro a metro cubo, nelle casse delle Regioni entrerebbero € 267.695.719, ben 231.546.169 € in più. Analogo discorso vale per le acque minerali: il giro d'affari delle aziende che imbottigliano acqua minerale nel 2009 ha toccato 2,3 miliardi per un totale di 12.500.000 m3 imbottigliati. La cifra che le Regioni incassano dai canoni di concessioni è di circa 10 milioni di euro. Con un canone di 10 euro a m3 imbottigliato per tutto il territorio nazionale si ricaverebbero, invece, 125 milioni di euro, ovvero 115 milioni di euro in più che le Regioni potrebbero reinvestire nell'ammodernamento impiantistico del servizio idrico integrato. Tra gli strumenti tariffari anche uno per disincentivare il conferimento dei rifiuti in discarica. In Italia nel 2009, ad esempio, si è smaltito in discarica ancora il 40% dei rifiuti urbani prodotti ed è stato avviato a raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio il 33% del totale prodotto, con forti disparità territoriali. Fissando una nuova ecotassa di 50 euro per tonnellata di rifiuti smaltiti in discarica, agli attuali tassi di smaltimento (oltre 15 milioni di tonnellate di rifiuti urbani), nelle casse delle Regioni finirebbero complessivamente circa 750 milioni di euro che potrebbero essere reinvestiti in politiche di prevenzione e riciclaggio, a fronte degli attuali 40 milioni. Infine altre due operazioni di "imposizione fiscale" da realizzare secondo Legambiente sono: la riunificazione della tassazione sulle rendite finanziarie al 23% (come proposto da Sbilanciamoci, una soglia allineata con i grandi paesi europei e che non presenta rischi di fughe di capitali) che porterebbe, ogni anno, 2 miliardi in più nelle casse dello Stato e l'introduzione di un'accisa di 3 cent/litro sui carburanti che vada a coprire i tagli al trasporto locale generando un'entrata annua di circa 1,2 miliardi di euro. Il peso in termini di rincari per gli automobilisti potrebbe essere facilmente recuperato attraverso un'azione seria e incisiva da parte del Governo nei confronti dei petrolieri e distributori di benzina, intervenendo su quegli accordi di cartello che a oggi mantengono i prezzi alti anche quando scende il prezzo del petrolio, Agli strumenti patrimoniali e tariffari elencati, Legambiente aggiunge una seconda serie di misure che vadano a tagliare gli sprechi come il costo di grandi opere infrastrutturali che l'associazione ritiene inutili o non più utili, perché pensate e progettate in contesti economico-sociali del passato, e a volte persino dannose. Rinunciando alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e alle nuove autostrade nella pianura Padana, ad esempio, si potrebbe evitare l'uscita di ben 12.730 milioni di euro. Da eliminare anche la spesa per gli incentivi al trasporto su gomma che nel nostro Paese gode di un incomprensibile stanziamento annuale di 400 milioni di euro per sconti sui pedaggi, sgravi fiscali e detrazioni varie e le spese miliari per nuovi programmi d'arma: cancellando i finanziamenti per cacciabombardieri (circa 16 miliardi di euro), sommergibili, radar e corsi sulle forze armate si potrebbero recuperare, nel 2012, ben 791,5 milioni di euro. Infine, secondo Legambiente si dovrebbe intervenire sulle spese dovute a ritardi accumulati e per far fronte alle emergenze. Colmare il ritardo nell'attuazione degli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto, ad esempio, permetterebbe all'Italia di risparmiare circa 800 milioni di euro mentre realizzare un piano di messa in sicurezza del territorio per mitigare il rischio idrogeologico consentirebbe di risparmiare i circa 875mila euro che spendiamo ogni giorno solo per far fronte ai danni provocati da frane e alluvioni. Insieme a queste proposte Legambiente elenca anche una serie di voci dove si potrebbe intervenire per coadiuvare questi risparmi. Arrestare il consumo di suolo, ad esempio, faciliterebbe la mitigazione del dissesto idrogeologico e la valorizzazione del paesaggio, far emergere i circa 270 miliardi di euro di economia sommersa potrebbe far recuperare moltissimo così come combattere l'ecomafie che potrebbe riportare nella casse dello Stato circa 20 miliardi di euro, la cifra stimata del giro d'affari dell'illegalità ambientale.