Titolo: ORTOLANI. Teoria e pratica del governo del territorio

Teoria e pratica nel governo del territorio all’inizio del terzo millennio All’inizio del terzo millennio occorre fare chiarimento circa la pianificazione e il governo del territorio. Nelle aule universitarie si insegna da decine di anni che per pianificare e governare bene il territorio occorrono tre azioni strettamente correlate: 1- la conoscenza degli aspetti fisici, umani, economici del territorio; 2- l’individuazione e la scelta di idonee forme per amministrare correttamente il patrimonio disponibile in modo che sia attuabile un armonico rapporto uomo-ambiente oggi e domani; 3- l’attuazione di idonei interventi sul territorio rispettosi delle prerogative fisiche ed ambientali locali e generali. La corretta applicazione di questi principi si deve necessariamente basare su esperti ed onesti conoscitori del territorio e su onesti funzionari pubblici. Oggi sembra che chi si ostina ad insegnare questi principi non abbia capito niente! Nella maggior parte dei casi (dai livelli nazionali a quelli locali) sembra che il governo della cosa pubblica da parte di rampanti personaggi (senza distinzione di aggregazioni partitiche), che si fregiano del diritto di governare perché eletti dal popolo, sia strettamente improntato ai seguenti principi: 1- individuazione e scelta degli “affari” immediatamente realizzabili con il denaro pubblico da parte di gruppi organizzati; 2- messa a punto dell’organizzazione che possa agevolmente consentire il “saccheggio”; 3- attuazione di interventi sicuri e blindati, grazie agli appoggi e al concorso di figure istituzionali, che devono abbandonare il ruolo di funzionari super partes diventando parte integrante del gruppo e garanti della blindatura degli affari, ed, eventualmente, di altri “controllori del territorio non istituzionali” ma molto organizzati. L’attuazione di questi principi non cristallini richiede una spiccata tendenza al parassitismo istituzionale da parte di chi governa e la partecipazione di figure istituzionali e non che con disinvoltura prosperano sulla fascia di demarcazione giuridica tra ciò che è legale e ciò che è illegale avvalendosi di esperti consulenti, parlamentari e non, nell’organizzare azioni apparentemente legali. Un alleato di importanza strategica è rappresentato dai mass media (che contano) spesso addomesticati, parzialmente o completamente, momentaneamente o per partito preso. In questo quadro è evidente che ci vuole una grande e drastica riforma universitaria; non si possono più avere docenti universitari al di fuori dei tempi! Che teoria di governo del territorio insegnano? Ma quale sviluppo duraturo e sostenibile vanno ancora vagheggiando? Non hanno ancora capito che ormai il voto degli elettori ha messo al governo del territorio, spesso, personaggi in parte riciclati e con un passato non sempre cristallino, che sembrano ispirarsi a quanto fanno animalescamente le sanguisughe e gli altri parassiti quando si impossessano di una preda? Chi governa oggi dice chiaramente: i cittadini ci hanno dato i voti pur sapendo che siamo fatti così. Perché ci hanno votato? Evidentemente il popolo si aspetta che si continui a usare le risorse pubbliche in maniera definita “di rapina” nelle aule universitarie. La pratica di governo che piace e viene approvata portando voti è quella attuata dai “predatori” delle cose pubbliche. Solo con una stretta alleanza tra chi governa e chi controlla il territorio a livello locale, nazionale e internazionale si possono fare buoni affari! In un ambiente rapinato e devastato che fine farà la salute dei cittadini di oggi e di domani? L’importante è “fare”! Tanto la “verità” non esiste; ai cittadini arriva solo quello che i mass media diffondono, che è spesso tutt’altra cosa! Però molto utile ad un certo tipo di “fare”: attenzione ho scritto “fare” e non malaffare. Un’altra favola diffusa nelle aule universitarie riguarda la prevenzione dei disastri naturali: si suole dire che un buon governo del territorio deve evitare le catastrofi. Niente di più falso! Le esperienze delle ultime decine di anni hanno dimostrato che un disastro naturale rappresenta una catastrofe per i cittadini colpiti; è invece una manna caduta dal cielo per un certo tipo di amministratori a livello nazionale e locale. L’esperienza ha dimostrato che non bisogna fare in modo da ripristinare rapidamente l’assetto ambientale e socio-economico che esisteva prima della catastrofe. I cittadini disastrati devono diventare ostaggi nelle mani degli amministratori. Solo così questi ultimi possono usufruire della Legge Istitutiva del Servizio Nazionale di Protezione Civile (Legge 24 febbraio 1992, n. 225); l’articolo 2 prevede che quando si verificano “calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari” il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi (art. 5). Queste “magiche” parole aprono una via fatata per l’istituzione di strutture speciali (tipo il Commissariato per l’emergenza rifiuti in Campania) abilitate ad usare, anche per 15 anni di seguito, con disinvoltura il denaro pubblico senza dovere rispettare le leggi nazionali sulla spesa pubblica e, spesso, senza risolvere i problemi. E si, nelle università si deve finire di fare teoria; bisogna insegnare più “pratica”. Però con la “teoria” di cui sopra si può andare molto lontano; con la “pratica” corrente si va solo verso il degrado! Franco Ortolani Ordinario di Geologia, Università di Napoli Federico II 3 luglio 2010