Titolo: Conferenza Episcopale Italiana e documento sul Mezzogiorno

SUL DOCUMENTO DELLA CEI “PER UN PAESE SOLIDALE. CHIESA ITALIANA E MEZZOGIORNO”. Carlo V e il suo tentativo di realizzare un Secondo Sacro Romano Impero, la retrocessione della società meridionale a causa di tali eventi e la restaurazione di uno stato feudale che, di fatto, impedì al Mezzogiorno di effettuare l’esperienza dei comuni e dell’affermazione di un’autentica cultura urbana e del senso civico; l’occupazione di forze estranee all’idea di una crescita di una comunità; lo stato borbonico, la pressione di una chiesa soffocante e alleata di fatto, se non nelle intenzioni, del potere, le responsabilità del cardinale Ruffo nel ritorno di Ferdinando IV di borbone e l’eccidio di un’intera classe dirigente del sud con l’eliminazione fisica di oltre 22000 fra intellettuali, filosofi, politici, giuristi, ecc. a seguito della rivoluzione partenopea del 1799. E poi, la presenza piemontese con l’instaurazione del cosiddetto regno italiano ma con un Vittorio Emanuele II che annegò nel sangue di Bronte la disponibilità di un popolo a quello che sembrava il nuovo e la reiterazione, invece, di una classe di parassiti, gli agrari, che contrastavano ogni possibile sviluppo e progresso del Mezzogiorno. E poi le guerre della fame, il fascismo e il ruolo costantemente collusivo della Chiesa, la Democrazia Cristiana, le mafie e ancora il ruolo della Chiesa con i suoi silenzi e le sue omissioni e collusioni, come l’aver accettato una politica pro israeliana contro i paesi arabi, naturali partner per lo sviluppo e il progresso del Sud e dell’intero bacino del Mediterraneo. E, infine, una sinistra troppo spesso piegata ai contenuti ideologici più che ai bisogni reali di un intero popolo e del suo territorio. Questi ed altri ancora sono, a nostro giudizio, i presupposti per capire e parlare del Mezzogiorno; analizzare il suo presente per ipotizzare di costruire una chiesa autenticamente solidale. La quasi assoluta autocritica da parte della CEI nel documento “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno” del febbraio 2010 e la mancanza di interesse del documento dopo vent’anni dall’altro del 1989, pur con qualche timida ammissione di corresponsabilità, risiedono, a parer nostro, essenzialmente su due motivazioni principali. Una prima motivazione risiede nella carenza di un’autentica impostazione storica della realtà del Sud che indebolisce nella sostanza l’intero documento non facendo, quindi, emergere anche le molte responsabilità di una chiesa che, allontanandosi dal Verbo, si presenta totalmente schiacciata da una gerarchia la cui preoccupazione principale è sembrata quella dell’esistere aldilà dei fatti e di un’autentica direzione spirituale. Una seconda motivazione sostanziale è una mancata proiezione “profetica” verso il futuro nella quale la “questione ambientale” costituisce, in sostanza, il nuovo paradigma. Si sta sviluppando una nuova civiltà dove nel quadro della questione ambientale vanno ricollocati i problemi del modello di (de)crescita che deve prevalere ad ogni livello individuale quanto istituzionale e produttivo. Questo potrebbe rivelare la questione meridionale sotto un’ottica completamente diversa. Il disvalore del consumismo quale unico “valore” sostenuto e alimentato dal capitalismo sta esaurendo le risorse e distruggendo il pianeta. Ci pare interessante ricordare un passo della Centesimus Anno (cap.35) di Giovanni Paolo II “La Chiesa riconosce la giusta funzione del profitto, come indicatore del buon andamento dell'azienda: quando un'azienda produce profitto, ciò significa che i fattori produttivi sono stati adeguatamente impiegati ed i corrispettivi bisogni umani debitamente soddisfatti. Tuttavia, il profitto non è l'unico indice delle condizioni dell'azienda. È possibile che i conti economici siano in ordine ed insieme che gli uomini, che costituiscono il patrimonio più prezioso dell'azienda, siano umiliati e offesi nella loro dignità. Oltre ad essere moralmente inammissibile, ciò non può non avere in prospettiva riflessi negativi anche per l'efficienza economica dell'azienda. Scopo dell'impresa, infatti, non è semplicemente la produzione del profitto, bensì l'esistenza stessa dell'impresa come comunità di uomini che, in diverso modo, perseguono il soddisfacimento dei loro fondamentali bisogni e costituiscono un particolare gruppo al servizio dell'intera società. Il profitto è un regolatore della vita dell'azienda, ma non è l'unico; ad esso va aggiunta la considerazione di altri fattori umani e morali che, a lungo periodo, sono almeno egualmente essenziali per la vita dell'impresa. Si è visto come è inaccettabile l'affermazione che la sconfitta del cosiddetto «socialismo reale» lasci il capitalismo come unico modello di organizzazione economica. Occorre rompere le barriere e i monopoli che lasciano tanti popoli ai margini dello sviluppo, assicurare a tutti — individui e Nazioni — le condizioni di base, che consentano di partecipare allo sviluppo. Tale obiettivo richiede sforzi programmati e responsabili da parte di tutta la comunità internazionale. Occorre che le Nazioni più forti sappiano offrire a quelle più deboli occasioni di inserimento nella vita internazionale, e che quelle più deboli sappiano cogliere tali occasioni, facendo gli sforzi e i sacrifici necessari, assicurando la stabilità del quadro politico ed economico, la certezza di prospettive per il futuro, la crescita delle capacità dei propri lavoratori, la formazione di imprenditori efficienti e consapevoli delle loro responsabilità”. L’umanità ha una scarsa considerazione della terra “di cui ogni cristiano deve avere cura”, come diceva ancora Giovanni Paolo II. Ma il giudizio della Chiesa non si allontana da una semplice celebrazione della grandezza di Dio. “Davanti a questo panorama di prati, di boschi, di torrenti, di cime svettanti noi ritroviamo il desiderio di ringraziare Dio per le meraviglie delle sue opere” diceva ancora Giovanni Paolo II il 12 luglio 1987 in Val Visende. Tale riflessione sembra percorrere, assai timidamente però e, comunque, in modo insufficiente, la strada di Francesco nel suo pontificato. Nel documento della CEI, tuttavia, mentre esiste, di fatto un’altra chiesa nel Mezzogiorno in armonia con una significativa parte della società meridionale (come ad esempio l’attività di autentico apostolato del gruppo dei sacramentini a Caserta, della Casa di Rut e dei padri comboniani sono una inequivocabile testimonianza di questa chiesa “altra” su una parte significativa del Mezzogiorno d’Italia) ma di cui non si parla, pur avendo testimoniato con la vita la propria missione, si individua un’unica debole traccia alla questione ambientale ma in una logica produttivistica. “Il Mezzogiorno può trovare una sua nuova centralità in primo luogo per la ricchezza di risorse umane inutilizzate e per la possibilità concreta di specializzare produttivamente il territorio. Solo così sarà possibile riscoprire e valorizzare le risorse tipiche del Meridione: la bellezza dell’ambiente naturale, il territorio e l’agricoltura, insieme al patrimonio culturale, di cui una parte rilevante è espressione della tradizione cristiana, senza trascurare quel tratto umano che caratterizza il clima di accoglienza e solidarietà. In definitiva con questo documento della Cei appare difficile ipotizzare la possibilità di costruire un nuovo futuro, e questo, al di là delle buone intenzioni di qualche vescovo. Un primo limite sostanziale risiede nella carenza teorica dei mezzi di indagine socio-economica rispetto alle questioni affrontate e un secondo limite risiede sull'uso ambiguo di concetti fondamentali quali, ad esempio, ''individuo'' in rapporto alla ''comunità civile '', ''profitto'' in rapporto al ''guadagno'', ‘’valore’’ in rapporto al ‘’prezzo’’, ecc. Occorre, allora, che la chiesa, nelle sue multiformi espressioni, e non solo quelle più specificatamente ecclesiale, faccia profonda autocritica e alzi il suo livello di ascolto e di partecipazione al destino della gente, magari, sì, nella “preparazione del regno di Dio” per chi è credente, ma nella certezza che oggi (“dacci oggi il nostro pane quotidiano”) si possa costruire un mondo migliore nel rispetto e in comunione con Gaia.