Titolo: CEMENTIR: UN'ATTIVITA' IMPOSSIBILE. I VINCOLI

CASO CEMENTIR S.R.L. IL VINCOLO IDROGEOLOGICO E IL VINCOLO PAESAGGISTICO IMPONGONO LA DELOCALIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI E IL DINIEGO A CONTINUARE E/O AMPLIARE L’ATTIVITÀ ESTRATTIVA. Premessa Le attività estrattive rappresentano da sempre una delle cause di degrado ambientale a maggiore impatto in quanto modificano spesso in modo irreversibile la morfologia dei luoghi. L’esempio della fascia collinare dei monti Tifatini ne è un esempio clamoroso. I materiali estraibili da cave sono i più comuni quali materiali per costruzioni edilizie, stradali e idrauliche, quarzo e sabbia silicea, pietre molari, torbe, ecc. ai sensi del Regio Decreto 29/07/1927, n. 1443. L’attività estrattiva è evidentemente legata alla situazione geologica e morfologica del territorio, fattori naturali interdipendenti che ne influenzano l’insediamento e lo sviluppo. In questa breve nota si tratterà del vincolo idrogeologico e di quello paesaggistico allo scopo di dimostrare l’impossibilità di ipotizzare insediamento di nuove cave o prosecuzione di cave esistenti con ampliamento come nel caso della coltivazione e recupero unitario finalizzato alla prosecuzione dell’attività estrattiva nella cava di calcare “Cava Vittoria” (codice PRAE 61048-01) ricadente in area di crisi e all’ampliamento della stessa attività estrattiva. 1. La Cementir e i monti Tifatini L’unità idrogeologica dei monti Tifatini è costituita da depositi carbonatici, essenzialmente calcarei e dolomitici. Questa unità è compresa tra la Valle di Maddaloni a Sud e il Volturno a Nord. “I suoli esili, discontinui, a rocciosità e pietrosità abbondanti della formazione dei Tifatini, sono esposti al progressivo inaridimento e denudamento, e sono esposti a demolizioni localizzate per il proseguire dell’attività estrattiva del pietrisco calcareo ”. “All’interno del territorio di interesse dell’Autorità di Bacino Regionale della Campania Nord-occidentale, le risorse idriche sotterranee dell’unità idrogeologica in esame si trovano in condizioni di equilibrio limite e non esiste alcuna possibilità di controllo finalizzato alla prevenzione di eventuali fenomeni di sovrasfruttamento. Esistono, inoltre, situazioni che potrebbero portare all’inquinamento di parte della risorsa, mediante il richiamo, dovuto agli emungimenti, di acque provenienti dall’adiacente falda di pianura. E’ quindi indispensabile affinare le conoscenze idrogeologiche lungo il margine sud-occidentale del massiccio (a Nord-Est di Caserta) e progettare una rete di monitoraggio dei livelli idrici e della qualità delle acque. L’area è da considerare presumibilmente sensibile alla siccità e alla desertificazione .” L’esame dello stato quali-quantitativo dei corpi idrici sotterranei ha evidenziato per i monti Tifatini situazioni di criticità quantitativa derivanti sia da un sovrasfruttamento della risorsa idrica sia dall’impatto dei carichi inquinanti. 2. I vincoli esistenti nell’area interessata al progetto di ampliamento della cava Cemetir S.r.l. La situazione urbanistica e vincolistica dell’area interessata al progetto è la seguente: •Il sito nel P.R.G. del comune di Maddaloni è classificato come E1-Territorio rurale di salvaguardia paesistica in cui sono vietate nuove costruzioni ed è escluso l’esercizio di attività estrattive; •Il sito è gravato da vincolo idrogeologico di cui al R.D.3267/23; •Il sito è gravato da vincolo paesistico di cui alla L. 1497/39; •Il sito è gravato da vincolo per riforestazione e bonifica montana di cui alla L. 11/96; •Il sito è gravato da vincolo per i soprassuoli percorsi da incendio di cui alla L. 353/00; •Il sito, nell’ambito del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico della competente Autorità di Bacino, è perimetrato per il rischio da frana in R1 (rischio moderato), R2 (rischio medio), R3 (rischio alto). 3. Il vincolo idrogeologico e l’attività estrattiva A riguardo delle cave è riaffermato il principio della prevalenza della tutela del vincolo idrogeologico rispetto all’attività estrattiva. Oggi l’iter procedurale impone che non possa essere rilasciata la concessione mineraria in assenza di autorizzazione ad operare in zona soggetta a vincolo idrogeologico, portando così ad assimilazione il trattamento della miniera e della cava. Ai sensi del R.D.L. n. 3267 del 30/12/1923 art. 1, che dispone: “Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che (…...) possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque”, per cui tutti gli interventi e le opere, che comportano una modifica dello stato di luoghi perimetrati da apposite cartografie, necessitano del rilascio del preventivo nulla osta da parte della Provincia. Vale la pena qui ricordare che la citata disciplina istitutiva (R.D. 30 dicembre 1923 n. 3267) prevede la possibilità di sottoporre a vincolo idrogeologico i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme negli articoli 7, 8 e 9 possono, con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque; pertanto al vincolo stesso possono essere sottoposti terreni di qualsiasi natura e destinazione purché sussista il fine precipuo di pubblico interesse di evitare le denudazioni, la perdita di stabilità o il turbamento del regime delle acque. “La giurisprudenza in materia, com’è noto, ha progressivamente ampliato, anziché restringere, la sfera di incidenza del vincolo idrogeologico, ribadendo la necessità del relativo provvedimento autorizzatorio con riferimento ad ogni attività di trasformazione del territorio che comportasse danno all’assetto idrogeologico dei luoghi”. 4. Il vincolo di natura ambientale A tutto ciò si aggiunge che i vincoli di natura ambientale, posti in forza della Legge 29 giugno 1939 n. 1497 e dalla Legge 8 agosto 1985 n. 43, accedono a porzioni di territorio e sono tesi a conservare le condizioni geofisiche o morfologiche del territorio, a significare che il vincolo si pone istituzionalmente come impedimento a iniziative di trasformazione del territorio. Secondo la giurisprudenza, la nozione di paesaggio, alla luce delle citate disposizioni normative, è, infatti “connessa alla salvaguardia della fisionomia, visivamente apprezzabile, degli immobili tutelati come bellezze naturali, ovvero della forma del territorio di cui le aree protette costituiscono componente essenziale dal punto di vista estetico- culturale”. L’Organo preposto al rilascio dell’autorizzazione ambientale (muovendosi nella stessa linea conduttrice esaminata a riguardo di quello preposto al vincolo idrogeologico) accerta e valuta se dall’intervento nella zona soggetta a vincolo possa derivare danno alla bellezza naturale del sito. Il nostro sistema giuridico, con particolare riferimento alle bellezze naturali, impone che l’Amministrazione confronti i due interessi in gioco e ricerchi innanzi tutto i contemperamenti e la coesistenza attraverso prescrizioni atte ad eliminare o ad attutire i riflessi negativi che possono derivare dall’attività estrattiva sul circostante territorio vincolato. Ove ciò non sia possibile, l’Amministrazione deve negare l’autorizzazione all’attività estrattiva. In tal senso si sono espresse, in linea generale, dottrina e giurisprudenza. Le conseguenze delle attività estrattive sul massiccio dei monti Tifatini, la scomparsa di intere colline, le modifiche al microclima e tutti quanti i fenomeni evolutivi a carico della vegetazione spontanea e dell’ambiente complessivo, particolarmente in relazione agli impatti degradativi e alle possibili misure di salvaguardia e difesa, evidenziate nello studio approfondito sui fattori di rischio di diversa natura esistenti in tutto l’arco dei Monti Tifatini, condotto dal Settore di Scienze del Suolo della Facoltà di Scienze Ambientali della Seconda Università di Napoli, escludono ogni possibilità di continuazione dell’attività estrattiva o, peggio, di allargamento dell’attività stessa in ampliamenti o nuove cave. L’argomento sul pianto tecnico e scientifico è chiuso ormai da anni com’è noto a tutti quelli che si occupano del settore estrattivo come della difesa del territorio e dell’interesse pubblico. E’ ormai da ritenersi consolidato al riguardo anche l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui sono da ritenere illegittimi i lavori minerari ove non sono preceduti dall’autorizzazione prescritta ai fini della tutela di tali beni. Sotto il profilo degli accertamenti e delle valutazioni cui è chiamata l’Autorità preposta alla tutela del vincolo in parola, va osservato che la supposta quanto inesistente primarietà dell’interesse economico (anche se con connotazione pubblicistica, e non è il nostro caso) sugli interessi paesaggistici non significa soccombenza aprioristica di quest’ultimo rispetto al primo. A monte dei rapporti Stato – Regioni in tema di autorizzazione a fini di tutela delle bellezze naturali, va ulteriormente osservato e ricordato come per le cave venga in rilievo il Ministero dell’Ambiente. Conclusioni Da un attento esame degli atti di alcuni dei protagonisti della Conferenza di Servizi e da quanto esposto nelle presenti riflessioni appare del tutto ovvio come non vi siano le condizioni minime per prendere in considerazione la richiesta della Cementir S.r.l. per l’approvazione di un progetto di coltivazione e recupero unitario finalizzato alla prosecuzione dell’attività estrattiva nella cava di calcare “Cava Vittoria” (codice PRAE 61048-01) ricadente in area di crisi e all’ampliamento della stessa attività estrattiva. Ci riferiamo, in modo particolare, alla situazione delle risorse idriche sotterranee del massiccio, al loro stato di equilibrio limite, all’impossibilità di controllo finalizzato alla prevenzione di eventuali fenomeni di sovrasfruttamento, alla necessità, auspicata ma mai soddisfatta dall’Autorità di Bacino Regionale della Campania Nord-occidentale, di realizzare una rete di monitoraggio dei livelli idrici e della qualità delle acque, al fatto che l’area è sensibile alla siccità e alla desertificazione e alla situazione accertata, così come dichiarato dalla stessa dott.ssa Vera Corbelli in un convegno pubblico svoltosi a Napoli il 29 aprile 2009. Appare, inoltre, grave come si sono volute deformare e snaturare i contenuti del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3267. In particolare l’essenza della citata norma è rinvenibile sin dall’art.1 che testualmente recita “Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli artt. 7, 8 e 9 possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque ”. In particolare, l’art.7 del citato R.D. parla esplicitamente di come potrebbe essere eventualmente trasformata un’area boscata “in altre qualità di coltura” e non altro. Se ammettessimo ma solo per un attimo che sia vero che “lo scopo principale del Vincolo Idrogeologico è, infatti, quello di preservare l’ambiente fisico e quindi di garantire che tutti gli interventi che vanno ad interagire con il territorio non compromettano la stabilità dello stesso, né inneschino fenomeni di natura erosiva, con possibilità di danno pubblico” così come sostiene la Cementir nessun riferimento, neanche remoto nella norma principale, ossia il R.D. 3267/1923 viene fatto sulla possibilità di realizzare un’attività estrattiva in area sottoposta a vincolo idrogeologico sia esso a rischio frane molto elevato, elevato, medio e moderato. L’art.8 invece, fa riferimento alla eventuale possibilità e con quali modalità potrebbero essere soppressi cespugli aventi funzioni protettive ed eventuali lavori di dissodamento per terreni agrari. Si ricorda a tale proposito che lo scavo più profondo nelle colture agrarie è quello relativo ai vigneti che può arrivare anche il metro! Anche in questo articolo non è rinvenibile alcun riferimento all’attività estrattiva. L’art. 9 infine, fa riferimento esplicito all’esercizio del pascolo e come esso sia soggetto a specifiche restrizioni. In tutti e tre gli articoli citati dalla norma si evince una profonda preoccupazione e attenzione a non alterare minimamente gli equilibri nei terreni sottoposti al vincolo idrogeologico. L’autorità forestale cui spetta - non “qualsiasi utilizzazione” come malignamente e strumentalmente asserisce la Cementir S.r.l. - rilasciare eventuali autorizzazioni nell’ambito però della legge che, si ricorda ancora una volta, negli artt.7,8 e 9 del R.D.3267/1923 sono definiti chiaramente e inequivocabilmente i confini entro i quali l’autorità forestale competente è autorizzata ad agire. Ogni altra interpretazione e conseguente decisione o autorizzazione che si allontani dalla norma va, dunque, letta come violazione della stessa. L’aver derogato in tutti questi anni dai dettami della legge con incredibili, ossia non credibili interpretazioni, per far costruire, aprire cave, ecc. lontano quindi dall’interesse pubblico e dallo spirito della legge, ha regolarmente generato problemi drammatici e che ha conferito alla regione Campania il triste primato per essere la seconda area geografica al mondo per dissesto idrogeologico, con incommensurabili danni materiali e morti secondi solo per numero alla Repubblica Ceca.