Titolo: AGROALIMENTARE E CAMORRA

L’AGROALIMENTARE CAMPANO: UN LUOGO IDEALE PER LE ECOMAFIE. PRIME RIFLESSIONI Premessa La vocazione produttiva del settore agricolo campano è quella tipica di un sistema ad avanzato livello di specializzazione produttiva con un modello di agricoltura intensiva e un’elevata produttività della terra in termini di valore aggiunto per ettaro di SAU (Superficie Agraria Utilizzata). Con appena il 4,4% della SAU essa produce una PLV (Produzione Lorda Vendibile) pari al 7,5% di quella nazionale, per un ammontare di circa 3 miliardi di euro. Tale ricchezza si realizza nel Piano Campano; ma questa grande risorsa è oggi sotto attacco per altre destinazioni: in una ipotesi di un minimo di sovranità alimentare nazionale, è pensabile di fare a meno della pianura più produttiva del mondo? Gli orientamenti produttivi che maggiormente caratterizzano l’agricoltura campana sono: l’ortofrutticoltura, la frutta e le colture industriali. Nel complesso rappresentano il 65% della PLV locale (mezzogiorno 48%; Italia 34%). La sola mozzarella di bufala campana con una produzione di circa 34 mila tonnellate (2006), genera un fatturato alla produzione di 300 milioni di euro. Ad una serie di caratteristiche strutturali ed economiche deboli del suo apparato produttivo, il settore agroalimentare campano contrappone alcuni elementi distintivi basati su un ampio paniere di prodotti, di cui molti oggetto di tutela con marchio comunitario o nazionale. In Campania vi sono (al 2006) infatti: 324 prodotti tradizionali (circa l’8% rispetto all’Italia) composti in particolare da: pasta e prodotti vegetali, 28 prodotti certificati doc,docg, e igt, 6 dop e 5 igp (2007), oltre a 25 richieste ancora in fase istruttoria. L’agricoltura campana si caratterizza ancora per una componente industriale relativamente forte e strutturata in ritardo rispetto al centro nord del paese. Sul piano del commercio estero invece: a fronte di un saldo complessivo stabilmente negativo del commercio estero campano, l’agroalimentare mostra un saldo attivo, anch’esso piuttosto stabile nel tempo. L’agricoltura campana è la più specializzata nel comparto agroalimentare rispetto al mezzogiorno. La dimensione strutturale. La densità di popolazione (424,81 ab/kmq) è superiore alla media nazionale (218 ab/kmq) con un’aspettativa di vita di 1,5 anni in meno rispetto alla media nazionale. Il contributo al Pil nazionale pari al 6,4% mentre pil pro-capite si pone al di sotto del 75% di quello medio dell’UE (circa il 60%). Il pil pro-capite pari al 65% di quello nazionale mentre si ha il 9,1 % del totale delle aziende agricole italiane a fronte del 4,4% della SAU. Gli occupati nel settore agricolo sono l’8% (al 2007) – 120.000 ULU in agricoltura (dati 2004) e 41.000 nell’industria alimentare (dati 2003). Il 96,2 % delle aziende è a conduzione diretta e il 79,2% delle aziende utilizzano esclusivamente il lavoro familiare. Il contributo del valore aggiunto (va) agricolo al Pil è del 2,4% (Italia 1,8%) nonostante che la Campania faccia registrare la dimensione aziendale più bassa in Italia a fronte di un’elevata produttività per ettaro, oltre 4000 euro, quasi doppia rispetto alla media nazionale (€ 2.140,00). La produttività del lavoro ha raggiunto un valore pari a 106 (italia=100). Ambiente e risorse Le risorse naturali della Campania non riescono a rigenerarsi con lo stesso ritmo con cui sono consumate: troppo pesante la pressione umana per la capacità biologica della regione per sostenere i ritmi e gli stili di vita dei 5.790.929 abitanti della Campania occorrerebbe una superficie regionale pari a 20.580.210 ettari circa contro 1.359.502 ha realmente disponibili. Una regione quindici volte più grande della reale, con un’impronta ecologica pari a 3,56 ettari pro capite. Uno sguardo in Terra di Lavoro regno della camorra. La provincia di Caserta presenta una superficie agraria utilizzata (SAU) di 107.000 ettari (pari al 40,69% della sup. territoriale. Media reg. 43,27% ma vi sono oltre 40.000 aziende agricole con un’estensione media aziendale di 2,67 ettari (media reg. 3,6. Italia 7,4). Le aziende producono: 17 vini di cui 5 doc e vari igt, mozzarella di bufala campana dop (è interessato l’intero territorio provinciale), Mela Annurca Campana igt, castagna del vulcano di Roccamonfina, formaggio Caso Peruto (presente già ai tempi dei Sanniti), formaggio conciato romano (da oltre 2000 anni), n. 2 olii extravergine di oliva con marchio igt, n. 3 marchi famosi a livello mondiale per la produzione di acque minerali (Ferrarelle, Lete, Prata), fra i primi in Italia per la produzione di ciliegie, fragole, nettarine. Il patrimonio bufalino è costituito da circa 181.000 capi pari al 49,85% del patrimonio nazionale, mentre la mozzarella prodotta ogni giorno è di kg 108.369 circa pari almeno al 25% della produzione nazionale. Il patrimonio bovino è pari a 65.642 capi (al 2000). L’agroalimentare e le ecomafie Con tale ricchezza prodotta, con terre di così grande produttività e con così enormi interessi esistenti che la camorra affonda le sue radici storiche. Sarebbe un grave errore pensare alla camorra come interesse solamente finanziario o fenomeno urbano. La camorra ha la sua identità nella proprietà fondiaria e nella tradizione agricola. A tutto ciò si aggiunge la tradizione che per un camorrista, anche se hai la laurea in fisica nucleare non sei nessuno se non hai la terra di proprietà. E così, mancanza di senso civico, paura, assenza dello Stato la camorra si è mossa in Campania e in provincia di Caserta in particolare a 365 gradi. Essa, infatti, ha un particolare controllo del mercato fondiario. La camorra normalmente investe i denari dalle attività illecite attraverso l’acquisto ai propri familiari di aziende agricole e zootecniche in particolare. La camorra essenzialmente nell’agroalimentare campano controlla il sistema dei trasporti: è assai difficile sostenere che per il trasporto dei prodotti alimentari realizzati in Terra di Lavoro non decida la camorra a quale azienda affidarsi. Le tonnellate di pesche, fragole, ecc. destinati ai mercati e alla grande distribuzione costituiscono elementi strategici per i profitti dei clan. E’ stato calcolato, appena qualche anno fa, che i produttori erano costretti a rincari con un’incidenza di circa 10 cent/Kg sulle pesche in termini di pizzo che passava naturalmente tramite il trasportatore. C’è da chiedersi: ma chi controlla il Mercato di Fondi e quello di Pozzuoli? Alfredo Gaetani: dalla Cirio all'Interporto Campano Storia esemplare in questo quadro di illegalità e associazioni è quella dell’ingegner Alfredo Gaetani. Nel 2004 l' ingegner Alfredo Gaetani, 60 anni, amministratore delegato della Centrale del Latte di Roma e vicepresidente esecutivo della Luiss (Libera università internazionale degli Studi Sociali), venne stato arrestato dai carabinieri nell' ambito dell' inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli sull' imposizione dei marchi Cirio e Parmalat ai dettaglianti di alcune province campane da parte dei clan camorristici. Con lui finirono in carcere altri due dirigenti della Parmalat campana: Antonio Affinita, 56 anni, Rosario Cristiano, di 48. L’accusa per il manager, che aveva lavorato nella Cirio e successivamente nella Parmalat, è stata di favoreggiamento aggravato nei confronti di alcuni concessionari del gruppo ritenuti legati al clan dei Casalesi e dei Moccia. La situazione sul mercato dei marchi del gruppo Parmalat in Campania definita "assolutamente abnorme e dominante nel settore della vendita del latte", era già stata accertata alla fine degli anni '90 dall'Autorità Garante per la Concorrenza, che aveva imposto alla Eurolat Spa (gruppo Parmalat) di cedere alcuni marchi e rami d'azienda. L’ing. Gaetani è stato rinviato a giudizio nel 2006. Direttore generale dell'Interporto Campano fino al 30 giugno 2008. Dirigente della Luiss, fa parte del consiglio di amministrazione della Banca popolare di Sviluppo. Negli anni ‘80 è stato direttore marketing alla Texas Instruments, e poi direttore generale del settore latte della Cirio. Accompagna poi il passaggio della Cirio dal settore pubblico (Sme) a quello privato (Gruppo Cragnotti). Dal 1996 è amministratore delegato per il settore lattiero caseario e dal 1997 vice presidente. Nel ‘99 è nominato amministratore delegato della Eurolat spa (Gruppo Parmalat), nata dalla scissione del settore latte della Cirio. E' stato vice presidente dell'Unione industriali con Antonio D'Amato e Tommaso Iavarone. Ancora due anni fa il presidente della EUROLAT e(gruppo Parmalat) venne arrestato. Raffaele e Filippo Capaldo, padre e figlio, rispettivamente 58 e 30 anni, cognato e nipote del capo clan dei Casalesi Michele Zagaria, vennero arrestati su mandato della Direzione distrettuale antimafia partenopea per un episodio di intimidazione nell'ambito della 'guerra' tra clan del casertano per il monopolio delle forniture di latte nel territorio. Secondo quanto accertato dalle indagini, i due, ritenuti 'colletti bianchi' della camorra di Terra di Lavoro, per conto dei Casalesi entrarono con un gruppo armato di affiliati in uno stabilimento della Eurolat di Piana di Monteverna, nel casertano, sequestrandone i dipendenti e obbligando la società a rifornire in via prioritaria l'azienda (Euromilk) di cui erano titolari. In tale contesto un episodio imbarazzante su cui non si fa ancora chiarezza, con la sovvenzione globale si sperperano miliardi per la costruzione di un'altra centrale del latte e altro marchio ad Alife ad iniziativa dell'Associazione dei produttori Coldiretti. Mentre la nuova centrale giace abbandonata sempre in quel di Alife. Non è riuscita ad entrare in nessun canale di distribuzione, dato l'accordo tra i grandi produttori nazionali e la camorra. Pochi anni fa un imponente sequestro di diverse tonnellate di cagliate per presenza di pesticidi venne effettuato dalla ASL 2 di Caserta presso i frigoriferi di Catone. Le cagliate congelate venivano dalla Romania ed erano state acquistate da un industriale (Canzano fra i dirigenti della Confindustria di Caserta, il cui ufficio al centro città era il destinatario di ingenti quantitativi di pasta, come se dovesse contenere frigoriferi di grandissime dimensioni). I veterinari che effettuarono il sequestro ebbero poi una serie di guai giudiziari. Era stato imposto una "tassa" di 0,5 centesimi per ogni busta di latte prodotto. In questa direzione appare evidente un patto fra camorra e alcuni industriali trasformatori. Dalla Romania, dalla Bulgaria, dall’India e dall’Olanda è stato accertato il trasporto di latte in polvere o cagliate congelate per trasformarli sia in mozzarella di bufala, sia in formaggi vaccini. Per il latte boliviano, latte in polvere rigenerato, che costa quattro volte di meno, le forze dell'ordine hanno accertato che il latte boliviano arrivava ogni settimana, passando per l'Olanda, nei porti di Napoli e di Salerno, per poi essere preso dai produttori campani e finire nei caseifici situati nell'agro aversano, nel litorale domizio, nell'alto avellinese e nel salernitano. Quest’anno un kg di cagliata di bufala proveniente dall’estero viene pagata circa 2 euro. Ce ne vogliono 5,2 euro per produrre, in condizioni normali un kg di mozzarella con latte locale. Tale truffa danneggia il consumatore in due modi: o la mozzarella è venduta come prodotto made in Italy o addirittura come prodotto Dop. Non bisogna dimenticare, naturalmente, i due processi Spartacus in cui vi è al centro la truffa Aima. Un’indagine che cominciò già negli anni 80; Questo per dire che la camorra in agricoltura si inserisce in quei segmenti dove attraverso l'illegalità, comunque praticata, si possono fare miliardi. Se si volgesse meglio l'attenzione ai flussi miliardari verso l'agricoltura forse si scoprirebbe qualcosa di più. Conclusioni Si è fatto un gran chiasso circa i rapporti tra Casalesi e il settore bufalino, ancora oggi con la fiaba della somatotropina. Ma una domanda è d'obbligo: quanti clan e camorristi sono stati scoperti e i responsabili arrestati con la grande attenzione sulle bufale, brucellosi, diossina, somatotropina? Appare del tutto evidente che ne sono stati scoperti di più con i lavori pubblici, il centro Campania, il Polo della Qualità fallito dopo meno di due anni, la tratta del burro che addirittura coinvolse il Centro di Ricerca Aero Spaziale. Chissà quanti ancora ne saranno scoperti alimentandoli con l’assurda ipotesi dell'aeroporto di Grazzanise. Insomma per una ipotesi miliardaria di investimenti in lavori pubblici nel Piano Campano, è pensabile che la Camorra si metta a difendere l'esistente per quattro bufale sporche di fango? Per il resto la camorra in agricoltura, a parte quanto già descritto, é presente per mettere a frutto produttivo quanto accumulato illegalmente o per nascondere altre attività. Uno sguardo particolare andrebbe, invece, rivolto all'agriturismo o a forme camuffate di tale attività.