La transumanza è “la migrazione stagionale delle greggi,
delle mandrie e dei pastori che si spostano da pascoli
situati in zone collinari o montane (nella stagione estiva)
verso quelli delle pianure (nella stagione invernale)
percorrendo le vie naturali dei tratturi”. Transumante: è
colui che transuma; migrante: greggi transumanti; “migranti”
che portano gli animali dove c’è il pascolo, dalla montagna
fino al mare, percorrendo centinaia di km per assicurare il
cibo a bovini, ovini e caprini. Una tradizione secolare che
interessa l’intero Paese e di cui tanto si è scritto e
discusso tanto.
Così come i migranti del bestiame, altri migranti vendono le
loro braccia per la raccolta di ortaggi, verdura e frutta in
molte regioni del meridione d’Italia (e alcune al Nord) che
assicurano il soddisfacimento del fabbisogno al Paese.
Prima una premessa per capire.
Pastori, boscaioli, braccianti agricoli e pescatori
costituiscono il 69,6 % delle prime dieci professioni con
maggiore presenza di stranieri in Italia (dati Istat). In
particolare, in agricoltura il 29% dei braccianti agricoli e
il 39% dei pastori e pescatori è straniero. Gli agricoltori
e gli operai specializzati sono invece nell'87% dei casi
italiani.
La Fondazione Leone Moressa, che ha elaborato i dati Istat
nell’ultimo "Rapporto sull'economia dell'immigrazione",
conclude in questo modo lo studio: "la crescente
scolarizzazione della popolazione italiana e la maggiore
partecipazione femminile al mercato del lavoro ci hanno
spinti verso professioni a più alta specializzazione. I dati
Istat sul mercato del lavoro dimostrano che l'occupazione
immigrata e quella autoctona in Italia sono parzialmente
concorrenti e prevalentemente complementari".
Chi parla di furto di lavoro a danno degli italiani o non sa
quello che dice o è in perfetta malafede.
I fatti danno ragione a questa analisi. Agrumi in Sicilia e
Calabria; ortaggi in Sicilia, Puglia e Campania richiedono
stagionalmente braccia fresche e a buon prezzo (ovvero molto
al disotto delle tariffe sindacali) per raccogliere arance,
pomodori, patate, ciliegie, fragole, ecc. A questa “festa”
c’è un convitato di pietra che costituisce però uno degli
elementi fondamentali della causa: la grande distribuzione
dell’agroalimentare.
Un solo esempio.
Cancello e Arnone, San Felice a Cancello in provincia di
Caserta fino a pochi giorni fa.
Un kg di patate (Categoria I, Varietà Agata, Colomba) viene
pagato al bracciante per la raccolta a € 0,08 mentre la si
trova al supermercato a un euro e 13 centesimi! Si capisce
dove sta uno dei problemi principali. Questo, naturalmente
rimanda a un’altra questione sostanziale, ovvero la qualità
del cibo, i sistemi di produzione, l’uso del suolo e la
conseguente desertificazione (Sicilia oltre l’85% del suolo;
Puglia oltre il 90%). Non è questa però, la circostanza per
parlarne.
La Puglia ad esempio è prima in Italia per la produzione di
olio, ciliegie e pomodori (insieme alla Sicilia); la
Campania (la provincia di Caserta in particolare) è prima
per la produzione di fragole, mozzarella di bufala, pesche,
tabacco, ecc. Sicilia e Calabria per gli agrumi; per le
patate, invece Campania e Sicilia detengono il primato
nazionale per gli ettari coltivati e la produzione del
tubero.
Le baraccopoli
Ecco una piccola ma significativa mappa delle principali
baraccopoli stagionali o fisse abitate da immigrati
braccianti “gestiti” dai caporali, in nome e per conto di
cosiddetti imprenditori agricoli per la gestione dei loro
fondi.
Sicilia: Mineo, Cassibile, Vittoria, Campobello di Mazara in
Sicilia, Caltanissetta, Paternò, diverse migliaia di
braccianti
Calabria: Piana di Gioia Tauro, almeno 1500 braccianti;
Isola Capo Rizzuto (Crotone), almeno 1000 persone
Campania: Eboli (Salerno), Castel Volturno (Caserta)
Saluzzo (CU), almeno 3000 braccianti che da giugno si
portano in quel territorio per la raccolta della frutta
Puglia: Rignano Garganico (Bari); il ghetto di Borgo
Mezzanone.
Parliamone. Il ghetto di Borgo Mezzanone è compreso tra
Cerignola, San Severo e Manfredonia (Foggia), dove mafie e
stranieri sono alleati Borgo è la più grande baraccopoli di
braccianti d’Europa.
Una città di baracche di oltre 5000 persone con “servizi”
per gli ospiti e i residenti pugliesi: bordelli e piazze per
lo spaccio di droghe.
I caporali reclutano braccianti tra gli ospiti della
baraccopoli e tra quelli del Cara, Centro di Accoglienza per
Richiedenti Asilo, realizzato nei pressi della baraccopoli,
in un’unica città di lamiera dove la parte tutelata dallo
Stato (il Cara) e quella governata dalle mafie si stanno
fondendo. Le ragazze del Cara, come è stato ampiamente
provato, possono venire a prostituirsi nella città
“fantasma” dei transumanti delle braccia.
Qui si è realizzato un perfetto matrimonio tra mafie e
delinquenti rappresentati in modo predominante da
nigeriani.
E’ un fatto non una supposizione.
In questo quadro la figura del caporale risulta
“fondamentale”.
E’ bene ricordare che il caporalato è una “Forma illegale di
reclutamento e organizzazione della mano d’opera, spec.
agricola, attraverso intermediarî (caporali) che assumono,
per conto dell’imprenditore e percependo una tangente,
operai giornalieri, al di fuori dei normali canali di
collocamento e senza rispettare le tariffe contrattuali sui
minimi salariali.” (Treccani). In altri termini è avvenuta,
come in moltissimi altri settori produttivi (si pensi al
lavoro intellettuale di giovani laureati, con master e
specializzazioni, sottopagati in Italia come dipendenti di
call center, a loro volta sottopagati) la trasformazione del
lavoro da diritto a merce.
C'è da porre una questione di fondo circa la questione del
caporalato. Posto che, se si volesse, è un fenomeno che per
la sua caratteristica di luogo e di tempo lo Stato, ripeto
se lo volesse, lo potrebbe contrastare ed eliminare, la
domanda da farsi è la seguente: il caporalato è una causa o
un effetto di un sistema, quello della produzione del cibo,
sbagliato?