Sicilia: come frego il sistema cooperativo più grande
d’Italia e creo un sistema clientelare e criminale
La normativa vigente in materia di cooperazione fa obbligo a
tutte le cooperative di sottoporsi, (ogni due anni per le
cooperative ordinarie come Apollo e ogni anno per le
cooperative sociali) alla revisione.
Questa consiste, com’è noto, in una verifica tecnica,
economica, finanziaria dell'ente e di una controllo circa il
rispetto della mutualità, della prevalenza e della
partecipazione dei soci ai programmi, obiettivi e progetti
della Cooperativa.
La revisione è un obbligo di legge (D.lgs. 2 agosto 2002,
n.220 e L.31 gennaio 1992, n.59) cui le cooperative non si
possono sottrarre pena il commissariamento o addirittura lo
scioglimento.
Per la revisione, con specifico decreto del Ministro dello
Sviluppo Economico, ogni due anni viene stabilito, in
funzione del capitale sociale, fatturato e del numero dei
soci, il contributo da versare con modello F24 al Ministero
dello Sviluppo Economico. Circa il 40% di tale contributo va
generalmente al revisore che ha proceduto al controllo.
Per chiarezza il revisore viene scelto - nel MISE - a
sorteggio tra gli ispettori del ministero operanti in una
data provincia del Paese.
Oltre al contributo per la revisione, le cooperative sono
obbligate inoltre a versare il 3% degli utili conseguiti
(art.11 L.59/1992) negli esercizi in esame. La cifre versate
dalle cooperative vanno in un fondo particolare e quasi ogni
anno, con apposito bando aperto a qualunque tipo di
cooperative, e con premi che vanno dagli 80.000 ai 200.000
euro vengono "restituite" a quelle cooperative che si sono
qualificate.
E’ evidente che si sta parlando di diversi milioni di euro
l'anno che vengono accumulati e poi "restituiti" al sistema
cooperativo per sostenere le attività di tanti soggetti che
operano nel Paese.
Tutto questo succede normalmente in Italia.
In Sicilia, invece, il Ministero dello Sviluppo Economico
non ha alcuna competenza in materia di controlli sulle
cooperative che vengono invece esercitati dalla Regione in
quanto a statuto speciale.
La Regione Sicilia, con specifico provvedimento, ha delegato
i compiti della revisione alle centrali cooperative
(Legacoop, Confcooperative, Unione, ecc.) garantendo loro
diversi milioni di euro con il contributo biennale (in
Sicilia vi sono circa 12.000 cooperative. La prima regione
in Italia per numero di cooperative!). Il bottino infatti
viene così suddiviso: l’80% alle centrali cooperative e il
20% alla Regione. Ai sensi dell'art. 37 della le regionale
n. 9 del 7 maggio 2015, le associazioni sono tenute a
trasmettere all’Assessorato delle Attività Produttive, in
forma digitale, i risultati delle attività espletate, allo
scopo di costituire una banca dati sulle cooperative
siciliane.
Con questa montagna di denari si mantiene nell’isola un
sistema di potere formidabile visto che le cooperative
attraversano tutta la società siciliana: dall’agricoltura,
alle costruzioni, al settore sociale.
Con specifico decreto assessorile, ai sensi del comma 1
dell'art. 21 della legge regionale 23 maggio 1991, n. 36,
sono state stabilite le tariffe che risultano essere circa
il 430% in più rispetto a quelle che le altre cooperative
pagano in Italia!
Facciamo un esempio. Una cooperativa che ha 21 soci, un
capitale sottoscritto di 2.100,00 euro e un fatturato di
35.000 euro in Italia pagherebbe 280 euro. In Sicilia invece
1.200,00 euro!
Dire che è uno scandalo e un'operazione clientelare e di
potere è dire poco.
In altri termini in Sicilia, anziché sostenere un'impresa
soprattutto all'inizio della sua attività, viene appesantita
da balzelli che non trovano giustificazione in nessuna parte
d'Europa.
La domanda è cosa dicono i cinque candidati dei cinque
partiti che si candidano a governare quella disgraziata
regione?